lunedì 26 agosto 2013

ANNULLAMENTO EVENTO

Causa motivi di salute la presentazione di domani 27/08/2013 presso la Biblioteca delle Oblate è annullata e rimandata a data da destinarsi

giovedì 20 giugno 2013

Biblioteca delle Oblate

L'associazione Giravoltapagina presentare il romanzo il prossimo martedì 27 agosto presso la biblioteca delle Oblate di firenze, alle ore 18:00.
presto nuovi aggiornamenti

giovedì 25 aprile 2013

testo

Nell'economia della storia il mondo onirico ha un ruolo molto importante e veicola il rapporto tra la vita quotidiana di Giulio e la dimensione archetipica. Vi proponiamo sotto un brano relativo ad un incubo; buona lettura

 Giulio, da parte sua sognò di giocare a scacchi con Filippo, che continuava
a lamentarsi del tempo autunnale.
«Questo schifo di pioggia non finirà mai.» Erano in piazza Santa
Croce, appena fuori dalle mura e attorno a loro la povera gente festeggiava
un carnevale antico e verace.
«Scusa ragazzo ,ma devo pisciare» proclamava Filippo con decisione,
come spesso faceva al negozio, quando qualche bimbo non smetteva
più di domandargli qualcosa.
«Ti accompagno… ché, devo anche io» gli rispondeva lui.
«Tu sai dov’è un bagno qui vicino?» gli domandava allora l’amico,
ma Giulio non sapeva aiutarlo per cui quello proseguiva: «E va bene,
seguimi. Improvviseremo.»
Si era alzato e si era diretto lungo via Verdi, verso l’Arno. Giulio si
era apprestato a seguirlo, ma prima doveva riporre gli scacchi: «Aspettami
Filippo!» Era la classica situazione confusa dei sogni, quando
vuoi far qualcosa ma non te la lasciano fare. Si ritrovava a inseguirlo in
mezzo alla folla, adesso una massa moderna di turisti giapponesi che
ingolfavano la strada, ma quello non si fermava e pareva allontanarsi
sempre di più. La gente lo stava assediando da ogni parte, spintonandolo
in malo modo e il sogno cominciò a divenire pesante, quasi soffocante.
«Aspettami» ripeteva, in mezzo a volti anonimi di sconosciuti.
«Sbrigati» rispondeva l’altro, ma il tono della sua voce si faceva
sempre più fievole.
«Mamma!» A un certo punto gli era parso di vederla tra la folla, ma
era stato un solo attimo. «Mamma!» aveva ripetuto più forte e con una
certa inquietudine. «Dimmi figliuolo» gli aveva allora risposto una vecchia
mendicante malandata dall’alito marcio e con occhi porcini.
Urlando Giulio era scappato, sgusciando alla rinfusa tra un cane
zoppo e zuppo di urina, che forse Filippo ci aveva pisciato sopra, si era
detto, e un cestino del sudicio che pareva essere ricolmo di pane e
stracchino rigurgitato. Poi si era trovato sulla spalletta dell’Arno e un
forte vento carico di pioggia gli aveva sputato in faccia una spruzzata
d’acqua. Un istante dopo, c’era un tossico vicino a lui che gli chiedeva
con insistenza se: «C’hai du spiccioli, c’hai du spiccioli, c’hai du spiccioli.
»
Per il biglietto del treno. Indossava un cappello da strega e trafficava
con una siringa da insulina.
Si era acceso il lampo e il tuono era esploso, inzuppandolo da capo
ai piedi. Una pioggia torrenziale gli era caduta addosso, lavando tutto
ciò che lo circondava. Quindi la pioggia parve rallentare e Giulio si ritrovò
in campagna.
Era una zona palustre, la melma lo copriva fino alla caviglia, fredda
e viscida: gli ricordava creaturine morte e muschio fradicio. Una pesante
nebbia bianca e grigio chiara, appena rischiarata dalla luna, gravava
sulla vegetazione, per lo più canneti e salici e altri arbusti lacustri. Un
profondo silenzio echeggiava nella notte e i suoi passi non produssero
alcun rumore quando avanzò nella palude, tentando di orientarsi alla
meglio e non sapendo cos’altro fare.
Pian piano, davanti a sé, vide emergere nella nebbia un tratto di terreno
più solido, un’ombra compatta. Era coperto da erbe lunghe e da un
grande salice piangente, tra le cui fronde grondanti gli parve di scorgere
una piccola costruzione in muratura; doveva trattarsi di una cappellina
o di un grande tabernacolo. Voleva avvicinarsi a quella costruzione,
ma si avvide di un profilo nell’ombra dell’albero.
Osservò meglio e la vide.
Era una vecchia ingobbita dagli anni, dello stesso colore smorto della
nebbia di quella palude. Indossava una logora veste marrone resa informe
dal tempo e i suoi occhi ciechi, senza pupilla si piantarono nei
suoi. Giulio avrebbe voluto urlare, ma gli mancò il fiato che, divenuto
peso come un sasso, gli era sprofondato nello stomaco, affondato nei
succhi gastrici.
La vecchia, i lunghi capelli unti e sottili, sporadici mossi dalla lieve
brezza, sollevò una mano e lo indicò con un dito reso deforme dall’artrite,
sormontato da una lunga unghia spezzata e nera. Il terrore più profondo
lo stava letteralmente sommergendo, alla presenza di quella strega,
eppure non era in grado di far niente, né di urlare, né di fuggire. Né
tanto meno di svegliarsi, che in fondo lo sapeva, doveva trattarsi di un
sogno, sebbene fosse estremamente reale; doveva essere un sogno.
La vecchia, immobile, sempre indicandolo, parlò, ma il silenzio così
denso della palude le impedì di emettere alcun suono, eppure alle sue
parole parve che parte di quella nebbia, sopra al salice, si muovesse e
prendesse velocemente forma, condensandosi; ed ecco un corvo albino,
gli occhi di brace, fendere l’aria ad ali spiegate. Seguiva la direzione
indicata dalla vecchia e il sibilo del suo volo raggiunse le orecchie di
Giulio, un suono tenue eppure enorme nel silenzio. Il bambino parve riscuotersi,
ma non ebbe il tempo di voltarsi che l’uccello gli fu addosso
e lo colpì forte, con il duro becco sulla fronte e col pesante corpo sulla
faccia.
Giulio si svegliò di soprassalto, l’urlo ancora incastrato nelle viscere,
indeciso se risalire la faticosa scala della gola per espandersi nello
spazio, o condensarsi nei glomeruli dei reni per scivolare via con l’urina.
Perdeva piccole gocce di sangue dal naso.

Presentazione C/O Circolo Arci Girone Fiesole

Il prossimo 5 maggio, il libro verrò presentato nel tardo pomeriggio, ore 18:30 circa, presso il circolo arci del Girone, Fiesole; Firenze

sabato 20 aprile 2013

foto presentazione 15/04/2013

Come annunciato precedentemente il libro è stato presentato la sera del 15 aprile a Pistoia, ospite della cooperativa Don Chisciotte. In un clima molto intimo e accogliente l'autore ha parlato del libro e sono stati letti brani del testo






Attualmente è in programmazione una prossima presentazione presso il circolo Arci del Girone, Fiesole

mercoledì 3 aprile 2013

cena con presentazione

Il prossimo lunedì 15/04/2013, a partire dalle ore 20:00 è organizzata una cena con presentazione del libro da parte della cooperativa Don Chisciotte di Pistoia, presso il circolo arci di capostrada, via bolognese 2, Pistoia

lunedì 11 marzo 2013

Presentazione

E' prevista una nuova presentazione del libro, presso il circolo Arci del Girone, Fiesole, per la fine del mese di Aprile, probabilmente di sabato pomeriggio. Presto vi faremo avere nuove e più precise notizie.

domenica 3 marzo 2013

cena con presentazione

Il prossimo Lunedì 15/04/2013 sarà tenuta una presentazione presso Pistoia, ospitati dall'associazione Don Quisjote, i cui volontari prepareranno anche la cena.
Presto nuove notizie e precisazioni a riguardo

lunedì 25 febbraio 2013

PROLOGO

Ecco il prologo del libro nel quale, senza che venga svelato nient' altro, c'è comunque tutta la storia.

PROLOGO
La vicenda romana
Il centurione Marco sapeva che i suoi uomini erano ormai stremati
dall’inseguimento. Da giorni stavano marciando verso nord con le loro
trenta libbre, in media, di vettovaglie sulle spalle. Eppure i suoi cento
ragazzi, come il resto della legione, continuava ad avanzare, passo
dopo passo, sebbene i generali cavalcassero leggeri lungo le schiere, facendo
suonare ordini disparati e riprendendo poi la rassegna; sempre
muovendosi, sempre marciando. Marco era un veterano, trent’anni di
battaglie e di ferite, mai una alla schiena, e vedendolo procedere con il
passo cadenzato, perfettamente a tempo, i suoi uomini traevano nel loro
animo nuove energie; se lui avesse resistito, lo avrebbero fatto anche
loro.Ma stavolta la faccenda era tremendamente complicata e, sebbene
marciasse sapendo che i suoi uomini erano stremati, e sebbene non volesse
dar loro motivo di esitazione, Marco dubitava. Sì, perché stavolta
stavano inseguendo un esercito romano.
«È gente come noi, preparata come noi, che combatte come noi
combattiamo» pensava Marco marciando davanti ai suoi uomini armati.
«E magari in questo momento tra le schiere di Catilina c’è uno dei suoi
veterani, Caio Manlio forse, o Marcello, che stanno pensando che tutta
questa faccenda è maledettamente confusa» continuava a ripetersi, senza
perdere il ritmo dell’inseguimento.
Marco presupponeva comunque un esito, a breve, di quella strana
guerra tra romani; che poi, per dirla tutta, non riusciva proprio a capire
perché i suoi ragazzi avrebbero dovuto combattere contro quelli di
Caio, appunto, che fino a venti giorni prima avevano condiviso la solita
caserma. In ogni modo la legione si stava stancando troppo, e lo stesso
succedeva sicuramente alle schiere di Catilina, il cui passaggio per
quelle campagne dell’Etruria settentrionale erano ben evidenti.
La sera, quando si fermavano per la notte e montavano il campo,
qualcuno mormorava che, procedendo a nord, Catilina avrebbe raccolto
altri alleati e la cosa poteva anche essere sensata, ma Marco riteneva
che i popoli etruschi e i galli della Padania non avessero la forza necessaria
per modificare le sorti di quella guerra, per cui i giochi si sarebbe-
ro fatti tra romani, e poiché tutti e due gli eserciti erano stremati, ciò sarebbe
avvenuto più presto che mai.
Quella sera costruirono il campo su un terreno pianeggiante al centro
di una grande vallata che si estendeva a perdita d’occhio verso il
sole morente. La zona non sembrava molto salubre: acquitrini e pantani
li proteggevano a est e a ovest, mentre a sud, verso Roma, la ritirata era
tagliata dal fiume Arno, gemello del loro amato e venerato Tevere, che
in quel punto della valle scorreva lento, perdendosi in innumerevoli
pantani. A nord, invece, potevano vedere tra i colli le luci delle torce
dell’esercito di Catilina che aveva trovato quartiere nella vecchia città
di Fiesole, le cui mura, nella tenue luce del crepuscolo, ricordarono a
Marco delle ombre stanche, come i suoi uomini.
A notte ormai inoltrata, fu convocato il consiglio di guerra. I generali
Quinti, Marcio e Marcello, avevano stabilito di attaccare il giorno
successivo. Il piano prevedeva di prendere d’assalto Fiesole salendo direttamente
verso nord sulle pendici di quel colle, prima che l’esercito
avversario avesse potuto schierarsi a difesa di un presidio elevato, per
cui entro breve tempo la legione si sarebbe messa in marcia. Ma fin da
subito Marco e i suoi cento ragazzi si sarebbero diretti con degli esploratori
alcuni chilometri più a ovest, per trovare un piccolo affluente dell’Arno,
seguendo il cui letto avrebbero raggiunto Fiesole da un altro
versante del colle.
Nel giro di mezz’ora la sua centuria era preparata. Ogni uomo era
armato e si era nutrito a sazietà. Avrebbero lasciato tutto il superfluo al
campo, che nella notte non avrebbero percorso un’altra tappa di quella
lunga marcia ma si sarebbero mossi per uccidere. Poco dopo l’ora più
scura della notte partirono, muovendosi decuria per decuria, nel silenzio
più profondo.
Non si può sapere perché i popoli etruschi fossero affascinati dalla
morte e dalla luna, come tante popolazioni dell’antichità, ma sovente
essi amavano passeggiare nella notte. Quella notte una bambina etrusca,
nonostante la tarda ora, si aggirava ancora per la campagna. Forse
perché voleva appunto salutare la luna, il cui quarto crescente tardava a
salire sull’orizzonte, forse perché si era persa, o forse perché così piaceva
al destino. Marco non avrebbe saputo dire perché si trovasse proprio
tra i pantani dell’Arno, a ovest del campo romano da cui un giorno
sarebbe nata Firenze, mentre con i suoi uomini si dirigeva all’attacco di
Fiesole, ma con un solo colpo deciso della sua daga ne trasse la vita dal
petto. La loro missione doveva rimanere assolutamente segreta, come
gli era stato ordinato. Il sangue, nero nella notte, tinse le sue armi e la
sua armatura, mentre il corpo della poverina si afflosciava nel fango,
tra i giunchi e le canne, e cento coppie di piedi la superavano calpestandola
senza sgomento e senza pentimento. Non fu versata una lacrima
per lei, non fu deposto un fiore alla memoria di quella piccola vita
spezzata, mentre il corpo ancora caldo sprofondava nella palude, scomparendo
per sempre alla vista di ogni essere umano. Eppure un idolo di
legno dalle fattezze di donna, posto poco più lontano, monito di una divinità
già da troppo tempo dimenticata, sembrava guardare con occhi
ardenti di fuoco quella piccola morte.

domenica 17 febbraio 2013

Dal Socialtrekking

Ieri pomeriggio in una magnifica giornata di sole, si è svolto il socialtrekking, organizzato dagli amici di Walden. Il percosrso preparato dall'autore ha portato i partecipanti del dodicesimo gruppo a percorrere le vie della città seguendo Giulio e Marina nelle loro avventure.







mercoledì 13 febbraio 2013

INDICE

Crediamo di far cosa lienta nel postare l'indice del romanzo


INDICE

9 PROLOGO
13 UNO - GIULIO
21 DUE - MARINA
29 TRE - NUOVI INCONTRI, DOLCETTI E SOGNI
39 QUATTRO - MARINA, DI NUOVO
48 CINQUE - LA CRUSCA
53 SEI - RABBIA E CORDOGLIO
61 SETTE - UN ANNO CON FRA’ GIROLAMO
69 OTTO - LA MADONNARA E L’INFIORATA
76 NOVE - FUMETTI, CENE E PREGHIERE
81 DIECI - SOGNI, GELATI E GUI
88 UNDICI - ESSERE MAMMA, SPETTRI E SOGNI CINESI
96 DODICI - FUMETTI E NOVITÀ
100 TREDICI - MARINA
105 QUATTORDICI - IL NONNO
110 QUINDICI - LA VECCHIA
115 SEDICI - MARINA, PER SEMPRE.
119 DICIASSETTE – REQUIEM
121 EPILOGO

lunedì 11 febbraio 2013

conferma socialtrekking

Ciao a tutti, con la presente si informano gli interessati del prossimo socialtrekking. L'appuntamento è alle 14:00 in Piazza della Signoria







il percorso prevede le seguenti stazioni:

1) Piazza Signoria
2) Orsanmichele
3) Piazza della Repubblica
4) Dal Duomo all'Accademia della Crusca
5) Dagli Uffizi a piazza della Signoria
6) Santa Margherita in santa Maria de'Ricci
7) Dal Duomo verso San Marco
8) Dal Duomo a piazza della Signoria
9) La loggia del Mercato Nuovo
10) Por Santa Maria
11) La spalletta sull'Arno agli Uffizi
12) Ponte Santa Trinita
13) Santo Spirito
14) Il Carmine.


Vi presentiamo adesso, a titolo esplicativo uno dei testi che saranno letti ad ogni tappa. Al punto 12:


Erano le sette della sera e il cielo si stava lentamente tingendo dei
colori della notte. Laggiù, oltre il parco delle Cascine, una tinta ocra indistinta
lo rendeva ancora caldo dei raggi del sole, la cui sagoma arancione
era appena scomparsa sotto l’orizzonte. A Giulio ricordava sempre
il tuorlo dell’uovo e si divertiva a immaginarsi come un pezzo di
pane, grande almeno quanto l’orsa maggiore, lo raccogliesse con pazienza
dal fondo del cielo, per portarlo ancora più lontano da noi, nelle
fauci spalancate di un titano qualunque, creatore di quest’angolo di cosmo.

La brezza fredda della sera gli aveva accarezzato la schiena graffiando.
Giulio aveva elaborato una strana teoria per spiegarsi questo fenomeno,
cioè non tanto del fatto che la brezza fredda graffiasse, bensì
dell’immediatezza con cui, almeno in certe stagioni, la brezza fredda
segua lo scomparire del sole all’orizzonte. Ne aveva giusto parlato il
giorno prima col suo fumettaro di fiducia, un certo Filippo, un omettino
sulla sessantina con un occhio solo, che gestiva una piccolissima fumetteria
in via d’Ardiglione.
≪Credo proprio che sia lo spostamento d’aria.≫
≪Tu dici?≫
≪Penso; quando il sole scompare all’orizzonte, si crea in cielo una
specie di vuoto che deve essere riempito con dell’aria.≫
≪Ma perchè proprio con dell’aria fredda allora?≫ gli aveva chiesto il
negoziante mentre allestiva la vetrina con delle vecchie edizioni di Tex,
in formato a strisce, che finivano per far compagnia alla prima edizione
di Maltese. Un grande manifesto giallo annunciava l’imminente mostra
Lucca comix.
≪Perchè l’aria proviene dalla parte opposta, quindi da est, dove or-
mai e già notte ed e quindi più fredda rispetto a quella che è adesso da
noi.≫
≪Già, sarà così.≫
≪E infatti si sente soprattutto in questo periodo, che il sole tramonta
proprio nell’Arno, per cui il risucchio non trova ostacoli; a parte qualche
ponte.≫


domenica 3 febbraio 2013

Presentazione presso circolo Arci di Settignano

Il prossimo sabato pomeriggio 09/02/2013 alle ore 17:30, il libro verrà presentato presso i locali del Circolo Arci di Settignano. L'introduzione sarà curata dalla Dottoressa Arianna Pieri. Dopo la lettura di alcuni brani e la risposta alle domande dei presenti ci sarà tempo per gli autografi da parte dell'autore.

in vista di san Valentino, un brano.... romantico


A lungo si baciarono i due bambini e i loro cuori, battendo e tacendo,
furono più vicini che mai.
«È una medicina?» venne a Giulio di domandare.
«Sì. Amara» gli confermò la vecchia bambina.
Poi Giulio si chinò e prese in braccio Taddeo, il gatto fulvo, che stava
già da un pezzo facendo le fusa. «Addio Marina, amore mio» la salutò.
«Addio caro» gli rispose. «E grazie.»




Auguri a tutti gli innamorati

e a tutti coloro che si innamoreranno

sabato 2 febbraio 2013

Socialtrekking, passeggiata per firenze con lettura

Il prossimo sabato 16 febbraio, con partenza alle ore 14:00 da Piazza della Signoria, l'appuntamento è con le guide e gli amici del social-trekking-a-firenze, giunto alla sua seconda edizione. In tale occasione l'autore, assieme al Dott Vannini, guiderà i partecipanti in un percorso a piedi, cittadino, accompagnato dalla lettura di passi del Gioco Segreto, nei luoghi teatro della trama del libro stesso. Il percorso si snoderà nel centro per tgerminare al Carmine, dove, a partire dalle 16:00 la serata proseguirà al coperto.

lunedì 28 gennaio 2013

Sabrina, la gelataia

Ecco un altro personaggio della storia. Si tratta di una gelataia che ha un certo peso nelle vicende di Giulio, almeno nei suoi sogni...

Fu un sonno pacifico e popolato di sogni piacevoli.
Aveva cominciato sognando Marina; la sua mamma la invitava a casa
sua per il compleanno e Filippo le regalava la collezione completa di
Lamù: che alle femmine piace un sacco il Manga.
«Io di donne me ne intendo» diceva soddisfatto l’orbo.
Tutti assieme se ne andavano alle Cascine a passeggio, vestiti come
Corto Maltese. Sua madre e Marina vestivano all’Hawaiana e tra un
aloa e l’altro, ponevano corone di fiori al collo di tutte le persone che
incontravano. C’era anche la Sabrina, la gelataia mora, sebbene non indossasse
la divisa da gelataia bensì un abito estivo dallo scollo vertiginoso,
che roba del genere l’aveva vista in una vignetta di Lanciostory.
E sognando si rese esattamente conto di cosa intendesse dire riguardo
Marina, quando nel pomeriggio aveva sostenuto che era carina, ma soprattutto
lo incuriosiva. Anche nel sogno, non faceva altro che guardarla
negli occhi verdi, la prendeva per mano quando correvano sull’erba,
inseguiti da Taddeo, il gatto fulvo, che pareva volesse sempre capitare
fra i piedi per farlo inciampare. Apprezzava la freschezza della sua pelle
e il suono simpatico delle sue risa, ma nulla più.
Alla Sabrina invece guardava in tutt’altra maniera. Si accorse, con
una punta di vergogna, che era lo stesso modo in cui la squadrava Filippo,
sebbene con metà del trasporto, per via del suo unico occhio. Povero
Giulio, non sapeva che erano soltanto i suoi ormoni che cominciavano
a fare il proprio mestiere, ma anche nel sogno non poteva fare a
meno di osservarle il petto, così generoso, alzarsi e abbassarsi al ritmo
del respiro. E la sua voce carnale che rimbombava nelle orecchie e nelle
tempie mentre cantava uno stupido motivetto. Fu per Giulio un orgasmo
incompletabile, più che incompleto, antipasto di coiti interrotti
dell’avvenire, quando lei lo prese tra le braccia elastiche e toniche, per
inebriarlo con i passi di un tango malinconico suonato dalla viola del
suo amico nero. Emanava aromi sconosciuti ma netti e dalla consistenza
fisica, che in genere gli odori non hanno. Se lo strinse al seno, la pelle
candida, morbida e liscia che pareva il velo di una Madonna, mentre
le gambe scattanti si muovevano in basso sotto la vita, che lui le cingeva
con forza aggrappandovisi in modo spasmodico, in modo adulto, rispondendo
all’impellente necessità di aderire il più possibile al corpo di
lei, specie con la pelle del basso ventre e degli inguini brucianti di passione,
lacerati dalla lontananza infinitesimale che comunque si frammetteva
tra di loro. La musica, dolce come una culla, creava un bozzolo
nel quale, soli, si amarono, così come un bambino può fare e sognare,
e amandosi la veste estiva le scivolò di dosso e le cosce si allargarono
abbastanza da consentirgli di vedere, sebbene con una prospettiva
poco generosa, uno squarcio di quel qualcosa che Filippo definiva:
l’essere alquanto strano; non v’era dubbio.


[...]

Sognò di essere a scuola e di seguire una lezione di geografia. La
maestra, vecchia e sudicia, continuando a produrre animali e piante e
fiori di carta, aveva introdotto l’argomento.
«Cari ragazzi;» il suo alito fetido pareva stagnare nell’aula come un
gas pesante dal colore azzurrino. «Oggi vogliamo parlare della rosa,
che è un fiore stupendo, simbolo di passione e d’amore.»
«E che c’entra con la geografia» aveva protestato Filippo, seduto
alle sue spalle, che sfogliava di nascosto sotto il banco un albo di Martin
Mystere. La vecchia proseguì, come se nessuno l’avesse interrotta.
«Qualcuno di voi conosce altri fiori, bimbi cari?»
«Io, signora maestra» aveva allora risposto prontamente Teresa, che
sedeva al primo banco a fianco del signor Marco, la testa ancora avvolta
in un voluminoso panno immacolato e il manubrio della bicicletta legato
dietro la schiena; «Le calle» aveva concluso.
«Molto bene, brava» aveva commentato l’insegnante. «Ebbene, do-
vete sapere che esiste anche la rosa dei venti» aveva ripreso.
«Io conosco quella di Gerico» si era intromessa la signorina Sabrina,
entrata in quel mentre dalla porta, che per la gioia di Giulio era vestita
di un unico petalo di rosa, acceso di un fuoco incandescente, che a
malapena le copriva l’ombelico. Era in piedi, dentro una conchiglia,
sorta dalle acque del mare e il vento le gonfiava i lunghi capelli sciolti;
novella Venere si diresse con leggiadria ma anche con una certa fisica
dinamicità, molto terrena, al banco di fianco al suo e lo salutò con una
casta carezza.
«È parecchio che non ci vediamo, vero Giulietto bello?»
«Tanto» farfugliò appena, decisamente incapace di stabilire cosa
mai dovesse guardarle. Profumava di viole o di lilla, di cui portava tra i
capelli alcune ciocche. «Dovresti tornare ogni tanto a prendere un gelato
» lo aveva ammonito, mentre dai capezzoli fertili sgorgava un nettare
chiaro col quale riempiva cialdoni e coppette disposti ordinatamente
sul banco e offrendogliene uno.
«Tramontano, il vento del nord, e poi libeccio, levantino…» continuava
intanto la maestra che si era messa ad accarezzare un bel micio
fulvo.


Sponsor

La pubblicazione del libro è stata resa possibile anche grazie alla presenza di tre sponsor, di cui si segnalano sotto i link:

La famiglia Biggeri_Mie

Domenico Mirabile della Zenithsolar Firenze

La Cooperativa Zenzero di Firenze

domenica 20 gennaio 2013

promozione del libro

E' in corso la progettazione della promozione del libro per la prossima primavera. L'intento è quello di portarlo in alcune biblioteche, sia del comune di Firenze che della provincia, per avvicinarlo ad un pubblico adolescente. Attualmente è al vaglio anche la possibilità di ripetere la presentazione presso i circolo Arci, che svolgono ancora una valida funzione di vettori culturali a livello locale.

venerdì 11 gennaio 2013

probabile prossima data di presentazione

Si sta organizzando una prossima presentazione del libro. Dovrebbe tenersi nel mese di febbraio, il sabato 9 alle ore 17 circa, presso il circo arci di Settignano, Firenze. Presto nuovi aggiornamenti e conferma della data

sabato 5 gennaio 2013

Teresa

La madre di Giulio è un'altra protagonista della vicenda. Intona una voce diversa da quella del figlio nella dinamica armonica della storia. L'autore la presenta così:

Teresa era una donna semplice ma non certo di scarso senso critico
o poca intelligenza. Aveva più che altro un rapporto tormentato con l’aspetto
emozionale della sua vita,
che la santa donna di mia madre poveraccia, non aveva certo tempo
per insegnarmi come si fa
si lamentava spesso.
Si rendeva esattamente conto che qualcosa le era scivolato via e non
aveva più possesso alcuno di quel dato aspetto della sua vita.
«Se mai mio lo è stato.»
Insomma che fosse per inadeguatezza, paura o cos’altro ancora, non
avrebbe saputo dirlo, ma la sua vita sentimentale era stata fin troppo
travagliata, passata attraverso avventure una peggiore dell’altra, da un
naufragio a un ammutinamento, fino a quella frase che gli aveva detto,
giorni prima, il suo piccolo Giulio.
Già, Giulio. Si ricordava di lui sin da prima della nascita.......


Si era ritrovata improvvisamente sola, senza più un
uomo, senza amiche, senza uno spicciolo; sola con la sua disperazione.
«Beh, in realtà non sono mai stata sola, Giulio era già dentro di
me.»
E infatti si ricordava ancora con estrema chiarezza di come il suo
piccolo bambino si muovesse nel suo ventre, inizialmente con titubanza
e leggerezza, poi con sempre maggiore spavalderia fino a procurarle
dolori e fitte tali da toglierle il fiato. E il parto se lo ricordava benissimo;
della muscolatura del suo ventre tesa allo spasmo, dura e compatta,
e di quel piccolo essere che spingeva alla morte, ben più di quanto non
avesse spinto il suo solido padre quando ve l’aveva deposto, pur di
uscire da lei.
«Eppure la vita è passata e io mi sono dimenticata di camminare», si
rimproverava ancora Teresa, che in quei giorni di passione sembrava
piano piano prendere sempre più consapevolezza di un suo nuovo proposito:
basta complicarsi la vita con gli uomini.

mercoledì 2 gennaio 2013

Giulio

Il protagonista della storia è un dodicenne di nome Giulio. Per introdurlo durante le presentazioni, l'autore legge i due seguenti passi:


Erano le sette della sera e il cielo si stava lentamente tingendo dei
colori della notte. Laggiù, oltre il parco delle Cascine, una tinta ocra indistinta
lo rendeva ancora caldo dei raggi del sole, la cui sagoma arancione
era appena scomparsa sotto l’orizzonte. A Giulio ricordava sempre
il tuorlo dell’uovo e si divertiva a immaginarsi come un pezzo di
pane, grande almeno quanto l’orsa maggiore, lo raccogliesse con pazienza
dal fondo del cielo, per portarlo ancora più lontano da noi, nelle
fauci spalancate di un titano qualunque, creatore di quest’angolo di cosmo.
«È un bambino pieno di immaginazione» diceva di lui sua madre....





... Giulio aveva da sempre amato trascorrere i suoi pomeriggi
passeggiando per la città. Lo sport non faceva per lui, in genere
c’è sempre una baraonda infernale, e poi chi lo ha detto che la competizione
è sana? La tv invece non era male; non era. Almeno fintanto che
uno dei fidanzati della mamma, una sera che era particolarmente ubriaco,
non l’aveva scaricata nella corte del palazzo dove vivevano, quando
ancora stavano in via del Leone...