lunedì 28 gennaio 2013

Sabrina, la gelataia

Ecco un altro personaggio della storia. Si tratta di una gelataia che ha un certo peso nelle vicende di Giulio, almeno nei suoi sogni...

Fu un sonno pacifico e popolato di sogni piacevoli.
Aveva cominciato sognando Marina; la sua mamma la invitava a casa
sua per il compleanno e Filippo le regalava la collezione completa di
Lamù: che alle femmine piace un sacco il Manga.
«Io di donne me ne intendo» diceva soddisfatto l’orbo.
Tutti assieme se ne andavano alle Cascine a passeggio, vestiti come
Corto Maltese. Sua madre e Marina vestivano all’Hawaiana e tra un
aloa e l’altro, ponevano corone di fiori al collo di tutte le persone che
incontravano. C’era anche la Sabrina, la gelataia mora, sebbene non indossasse
la divisa da gelataia bensì un abito estivo dallo scollo vertiginoso,
che roba del genere l’aveva vista in una vignetta di Lanciostory.
E sognando si rese esattamente conto di cosa intendesse dire riguardo
Marina, quando nel pomeriggio aveva sostenuto che era carina, ma soprattutto
lo incuriosiva. Anche nel sogno, non faceva altro che guardarla
negli occhi verdi, la prendeva per mano quando correvano sull’erba,
inseguiti da Taddeo, il gatto fulvo, che pareva volesse sempre capitare
fra i piedi per farlo inciampare. Apprezzava la freschezza della sua pelle
e il suono simpatico delle sue risa, ma nulla più.
Alla Sabrina invece guardava in tutt’altra maniera. Si accorse, con
una punta di vergogna, che era lo stesso modo in cui la squadrava Filippo,
sebbene con metà del trasporto, per via del suo unico occhio. Povero
Giulio, non sapeva che erano soltanto i suoi ormoni che cominciavano
a fare il proprio mestiere, ma anche nel sogno non poteva fare a
meno di osservarle il petto, così generoso, alzarsi e abbassarsi al ritmo
del respiro. E la sua voce carnale che rimbombava nelle orecchie e nelle
tempie mentre cantava uno stupido motivetto. Fu per Giulio un orgasmo
incompletabile, più che incompleto, antipasto di coiti interrotti
dell’avvenire, quando lei lo prese tra le braccia elastiche e toniche, per
inebriarlo con i passi di un tango malinconico suonato dalla viola del
suo amico nero. Emanava aromi sconosciuti ma netti e dalla consistenza
fisica, che in genere gli odori non hanno. Se lo strinse al seno, la pelle
candida, morbida e liscia che pareva il velo di una Madonna, mentre
le gambe scattanti si muovevano in basso sotto la vita, che lui le cingeva
con forza aggrappandovisi in modo spasmodico, in modo adulto, rispondendo
all’impellente necessità di aderire il più possibile al corpo di
lei, specie con la pelle del basso ventre e degli inguini brucianti di passione,
lacerati dalla lontananza infinitesimale che comunque si frammetteva
tra di loro. La musica, dolce come una culla, creava un bozzolo
nel quale, soli, si amarono, così come un bambino può fare e sognare,
e amandosi la veste estiva le scivolò di dosso e le cosce si allargarono
abbastanza da consentirgli di vedere, sebbene con una prospettiva
poco generosa, uno squarcio di quel qualcosa che Filippo definiva:
l’essere alquanto strano; non v’era dubbio.


[...]

Sognò di essere a scuola e di seguire una lezione di geografia. La
maestra, vecchia e sudicia, continuando a produrre animali e piante e
fiori di carta, aveva introdotto l’argomento.
«Cari ragazzi;» il suo alito fetido pareva stagnare nell’aula come un
gas pesante dal colore azzurrino. «Oggi vogliamo parlare della rosa,
che è un fiore stupendo, simbolo di passione e d’amore.»
«E che c’entra con la geografia» aveva protestato Filippo, seduto
alle sue spalle, che sfogliava di nascosto sotto il banco un albo di Martin
Mystere. La vecchia proseguì, come se nessuno l’avesse interrotta.
«Qualcuno di voi conosce altri fiori, bimbi cari?»
«Io, signora maestra» aveva allora risposto prontamente Teresa, che
sedeva al primo banco a fianco del signor Marco, la testa ancora avvolta
in un voluminoso panno immacolato e il manubrio della bicicletta legato
dietro la schiena; «Le calle» aveva concluso.
«Molto bene, brava» aveva commentato l’insegnante. «Ebbene, do-
vete sapere che esiste anche la rosa dei venti» aveva ripreso.
«Io conosco quella di Gerico» si era intromessa la signorina Sabrina,
entrata in quel mentre dalla porta, che per la gioia di Giulio era vestita
di un unico petalo di rosa, acceso di un fuoco incandescente, che a
malapena le copriva l’ombelico. Era in piedi, dentro una conchiglia,
sorta dalle acque del mare e il vento le gonfiava i lunghi capelli sciolti;
novella Venere si diresse con leggiadria ma anche con una certa fisica
dinamicità, molto terrena, al banco di fianco al suo e lo salutò con una
casta carezza.
«È parecchio che non ci vediamo, vero Giulietto bello?»
«Tanto» farfugliò appena, decisamente incapace di stabilire cosa
mai dovesse guardarle. Profumava di viole o di lilla, di cui portava tra i
capelli alcune ciocche. «Dovresti tornare ogni tanto a prendere un gelato
» lo aveva ammonito, mentre dai capezzoli fertili sgorgava un nettare
chiaro col quale riempiva cialdoni e coppette disposti ordinatamente
sul banco e offrendogliene uno.
«Tramontano, il vento del nord, e poi libeccio, levantino…» continuava
intanto la maestra che si era messa ad accarezzare un bel micio
fulvo.


Sponsor

La pubblicazione del libro è stata resa possibile anche grazie alla presenza di tre sponsor, di cui si segnalano sotto i link:

La famiglia Biggeri_Mie

Domenico Mirabile della Zenithsolar Firenze

La Cooperativa Zenzero di Firenze

domenica 20 gennaio 2013

promozione del libro

E' in corso la progettazione della promozione del libro per la prossima primavera. L'intento è quello di portarlo in alcune biblioteche, sia del comune di Firenze che della provincia, per avvicinarlo ad un pubblico adolescente. Attualmente è al vaglio anche la possibilità di ripetere la presentazione presso i circolo Arci, che svolgono ancora una valida funzione di vettori culturali a livello locale.

venerdì 11 gennaio 2013

probabile prossima data di presentazione

Si sta organizzando una prossima presentazione del libro. Dovrebbe tenersi nel mese di febbraio, il sabato 9 alle ore 17 circa, presso il circo arci di Settignano, Firenze. Presto nuovi aggiornamenti e conferma della data

sabato 5 gennaio 2013

Teresa

La madre di Giulio è un'altra protagonista della vicenda. Intona una voce diversa da quella del figlio nella dinamica armonica della storia. L'autore la presenta così:

Teresa era una donna semplice ma non certo di scarso senso critico
o poca intelligenza. Aveva più che altro un rapporto tormentato con l’aspetto
emozionale della sua vita,
che la santa donna di mia madre poveraccia, non aveva certo tempo
per insegnarmi come si fa
si lamentava spesso.
Si rendeva esattamente conto che qualcosa le era scivolato via e non
aveva più possesso alcuno di quel dato aspetto della sua vita.
«Se mai mio lo è stato.»
Insomma che fosse per inadeguatezza, paura o cos’altro ancora, non
avrebbe saputo dirlo, ma la sua vita sentimentale era stata fin troppo
travagliata, passata attraverso avventure una peggiore dell’altra, da un
naufragio a un ammutinamento, fino a quella frase che gli aveva detto,
giorni prima, il suo piccolo Giulio.
Già, Giulio. Si ricordava di lui sin da prima della nascita.......


Si era ritrovata improvvisamente sola, senza più un
uomo, senza amiche, senza uno spicciolo; sola con la sua disperazione.
«Beh, in realtà non sono mai stata sola, Giulio era già dentro di
me.»
E infatti si ricordava ancora con estrema chiarezza di come il suo
piccolo bambino si muovesse nel suo ventre, inizialmente con titubanza
e leggerezza, poi con sempre maggiore spavalderia fino a procurarle
dolori e fitte tali da toglierle il fiato. E il parto se lo ricordava benissimo;
della muscolatura del suo ventre tesa allo spasmo, dura e compatta,
e di quel piccolo essere che spingeva alla morte, ben più di quanto non
avesse spinto il suo solido padre quando ve l’aveva deposto, pur di
uscire da lei.
«Eppure la vita è passata e io mi sono dimenticata di camminare», si
rimproverava ancora Teresa, che in quei giorni di passione sembrava
piano piano prendere sempre più consapevolezza di un suo nuovo proposito:
basta complicarsi la vita con gli uomini.

mercoledì 2 gennaio 2013

Giulio

Il protagonista della storia è un dodicenne di nome Giulio. Per introdurlo durante le presentazioni, l'autore legge i due seguenti passi:


Erano le sette della sera e il cielo si stava lentamente tingendo dei
colori della notte. Laggiù, oltre il parco delle Cascine, una tinta ocra indistinta
lo rendeva ancora caldo dei raggi del sole, la cui sagoma arancione
era appena scomparsa sotto l’orizzonte. A Giulio ricordava sempre
il tuorlo dell’uovo e si divertiva a immaginarsi come un pezzo di
pane, grande almeno quanto l’orsa maggiore, lo raccogliesse con pazienza
dal fondo del cielo, per portarlo ancora più lontano da noi, nelle
fauci spalancate di un titano qualunque, creatore di quest’angolo di cosmo.
«È un bambino pieno di immaginazione» diceva di lui sua madre....





... Giulio aveva da sempre amato trascorrere i suoi pomeriggi
passeggiando per la città. Lo sport non faceva per lui, in genere
c’è sempre una baraonda infernale, e poi chi lo ha detto che la competizione
è sana? La tv invece non era male; non era. Almeno fintanto che
uno dei fidanzati della mamma, una sera che era particolarmente ubriaco,
non l’aveva scaricata nella corte del palazzo dove vivevano, quando
ancora stavano in via del Leone...